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Aiuto!! In che mani è il nostro debito?
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5 risposte a Aiuto!! In che mani è il nostro debito?
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Grande MariettoR
Devo ringraziare la Castriota Maria Califano che ci segnala:
In mani estere sempre meno Btp
Il debito pubblico, sempre più grande e meno all’estero
Continua lo scenario di autarchia per i bond di Roma. Quasi il 60% è in mano agli Italiani
Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/debito-pubblico-italiano-bruegel#ixzz2gU8rJuHT
http://www.linkiesta.it/debito-pubblico-italiano-bruegel
Neanche farlo apposta nella news letter di Prometeia (per chi vuoke vedo di girare la mail con le immagini):
Crisi politica e declassamenti: perché i rating fanno così paura?
01 ottobre, 2013
ugo.speculato@prometeia.com, Luca Borella
Da luglio dello scorso anno le tre agenzie di rating S&P’s, Moody’s e Fitch hanno ridotto il rating sul debito sovrano di lungo termine dell’Italia, ora più vicino al limite che separa le obbligazioni considerate meno rischiose, appartenenti al segmento Investment Grade, da quelle ad alto rendimento e a maggior rischio di default (Speculative Grade, in gergo “junk”). Ulteriori downgrade rischierebbero di far attivare meccanismi automatici che caratterizzano alcuni investimenti, con vendite di titoli di Stato italiani non dipendenti solo dal grado di avversione al rischio degli operatori.
Il recente acuirsi delle crisi politica italiana potrebbe aumentare la probabilità di nuovi declassamenti e, anche se la soglia di passaggio da classe di rating “Investment” a “Speculative” non è vicinissima (ancora due o tre notch, a seconda dell’agenzia), è utile esaminare i problemi associati a questa possibilità. Se ipotizziamo che il comportamento della maggior parte degli operatori domestici (famiglie, banche, fondazioni e assicurazioni che, insieme alle altre istituzioni finanziarie, detengono nel complesso circa il 56% dei quasi € 1750 miliardi di titoli italiani in circolazione, Fig. 1) sia caratterizzato da “home bias” e che non venga meno il supporto dell’Eurosistema,[1] potremmo verosimilmente attenderci una fuoriuscita da parte degli investitori esteri che dall’inizio del 2012 avevano ricominciato a dare un po’ di fiducia al nostro Paese (Fig. 2). L’entità di tale flusso è difficile da stimare ma è possibile fare una valutazione in base agli “automatismi” che caratterizzano alcune tipologie di investimenti. Una quota importante degli investitori esteri è infatti rappresentata dagli istituzionali: se il debito italiano dovesse scendere sotto la soglia di Investment Grade, i relativi titoli sarebbero esclusi da molti indici benchmark di obbligazioni governative e, di conseguenza e in modo automatico, da numerosi Fondi comuni d’investimento ed ETF obbligazionari. Questi sarebbero obbligati a liquidare le posizioni in obbligazioni italiane, per rispettare regolamentazioni o policy interne.
Fig. 1 – Titoli delle Amministrazioni Pubbliche italiane per settore detentore (% sul totale in circolazione a giu-13) Fig. 2 – Titoli delle Amministrazioni Pubbliche italiane per settore detentore, residenti e non residenti (miliardi di euro)
fonte: Banca d’Italia, Bank of international settlement, Morgan Stanley Research, elaborazioni Prometeia; dati a giu-13
* Percentuale sul debito totale lordo italiano dell’esposizioni delle banche del campione Bis al settore pubblico italiano (dati a I-13). ** Stime Morgan Stanley Research.
Per quanto riguarda l’inclusione negli indici obbligazionari, i principali provider quali Barclays, Bank of America/Merrill Lynch, J.P. Morgan e iBoxx utilizzano la media dei rating o il rating più conservativo (o i due rating più conservativi) fra le tre agenzie S&P’s, Moody’s e Fitch (“Index rules”). L’Italia ha un rating medio BBB[2] ma per tutte e tre le agenzie l’outlook è negativo e, con l’aggravarsi della crisi politica, nuovi declassamenti diventano più probabili.[3] Secondo la metodologia degli indici obbligazionari, per perdere la qualifica di Investment Grade da parte di tutte e tre le agenzie, l’Italia dovrebbe subire un declassamento di due notch da S&P’s e Moody’s e tre da Fitch.
A quanto ammonterebbero i titoli nei Fondi d’investimento ed ETF obbligazionari esteri? È estremamente difficile fare una stima precisa data l’alta frammentazione dei dati disponibili. Per avere un’idea dell’ordine di grandezza del potenziale delle vendite da parte degli investitori esteri abbiamo aggiornato una stima pubblicata nel 2012 da J.P. Morgan.[4] Secondo i dati forniti da Bloomberg, l’ammontare del totale gestito (Asset Under Management, AUM) da Fondi chiusi, aperti e ETF obbligazionari a inizio agosto 2013 era pari a circa € 2260 miliardi (di cui i due terzi globali e un terzo europei); di questi si ipotizza che circa il 40% abbia come benchmark indici governativi sovrani. Utilizzando gli attuali pesi dell’Italia negli indici J.P. Morgan Government Bond Index (GBI) – pari al 6.2% nell’indice Global e al 22.5% in quello Uem – possiamo stimare che i Fondi d’investimento obbligazionari detengono in totale circa € 116 miliardi in titoli di Stato italiani (Tab. 1).
TAB. 1 – STIMA DEI TITOLI DI STATO ITALIANI DETENUTI DAI FONDI D’INVESTIMENTO E ETF OBBLIGAZIONARI ESTERI
Fonte: Bloomberg, Thomson Reuters, J.P. Morgan, elaborazioni Prometeia.
(a) Dati Bloomberg al 2/8/13.
(b) Ipotesi J.P. Morgan.
(c) Peso dei titoli italiani negli indici obbligazionari governativi J.P. Morgan Global (JPM GBI GLOBAL) ed Uem (JPM EMU GOVERNMENT), all maturities; dati al 13/9/13.
obbligazionari globali obbligazionari europei
€ mld. % del valore precedente € mld. % del valore precedente
Asset Under Management(a) 1522.0 — 738.8 —
– di cui indicizzati a indici sovrani(b) 532.7 (35.0) 369.4 (50.0)
– di cui contenenti titoli italiani(c) 33.0 (6.2) 83.1 (22.5)
Pertanto, nel caso di un declassamento dell’Italia a Speculative Grade potrebbe essere questo l’ammontare di titoli venduti dai Fondi ed ETF obbligazionari esteri come conseguenza del ribilanciamento degli indici governativi benchmark e dei meccanismi automatici che caratterizzano alcune tipologie di investimento.[5] Tale flusso rappresenta una quota significativa, circa il 6.6%, del totale titoli di Stato italiani in circolazione, ma che in passato non ha avuto difficoltà ad essere assorbita dagli investitori domestici,[6] tanto più che il processo potrebbe essere piuttosto graduale data la possibilità che i gestori vendano preventivamente parte dell’esposizione anticipando possibili downgrade.[7] Tuttavia la situazione attuale non è così semplice: la quota di titoli detenuta dalle famiglie italiane, 10.6% sul totale in circolazione, è già tra le più elevate rispetto a quella delle altre famiglie dell’Uem; le banche italiane hanno già aumentato in misura considerevole la quota di titoli di Stato in portafoglio e potrebbero avere difficoltà ad incrementarla ulteriormente.[8] La nostra stima riguarda comunque solo una quota contenuta di investitori esteri poiché non abbiamo elementi per fare una stima di possibili flussi in uscita per i restanti € 470 miliardi circa di titoli italiani (circa il 27% del totale) detenuti dalle banche estere, dai Fondi Pensione e dagli altri investitori che, al di là dell’attivazione di meccanismi automatici, saranno certamente penalizzati dal deterioramento della fiducia sul nostro Paese.
[1] Morgan Stanley stima che la Bce ha acquistato tramite il Securities Markets Programme (SMP) quasi € 115 miliardi di titoli di Stato italiani.
[2] Media arrotondata dei rating su una scala standardizzata tra S&P’s (BBB), Moody’s (Baa2) e Fitch (BBB+).
[3] Un outlook negativo indica che c’è almeno una possibilità su tre che il rating venga abbassato tra il 2013 e il 2014.
[4] J.P. Morgan, “Current account progress and risks”, Flow & Liquidity, 20 July 2012.
[5] Occorre tuttavia ricordare che le Autorità si stanno muovendo a livello europeo per cercare di eliminare o almeno ridurre gli automatismi che caratterizzano alcuni tipi di investimento. La circolare emanata a fine luglio 2013 dalle Autorità di Vigilanza (Covip, Ivass, etc.), recependo una normativa europea, ha ribadito l’esigenza di “non gestire più il rischio con automatismi legati solo al rating”. È verosimile quindi attendersi che, a seguito delle soluzioni adottate a livello europeo per ridurre tali automatismi, gli investimenti in titoli governativi dell’Italia detenuti dai Fondi Pensione – pari a circa € 21.3 miliardi per quelli italiani secondo la Relazione Covip 2012 – e dai Fondi comuni – circa € 48 miliardi per quelli armonizzati di diritto italiano secondo la Banca d’Italia – saranno meno vulnerabili a un eventuale declassamento del debito sovrano del nostro Paese.
[6] Sui consideri per esempio che da giugno 2011 ad aprile 2012 gli investitori esteri (incluso l’Eurosistema senza Banca d’Italia) hanno venduto complessivamente circa € 152 miliardi di titoli di Stato italiani mentre, nello stesso periodo, il totale dei titoli detenuti dagli investitori italiani (inclusa Banca d’Italia) è aumentato di oltre € 180 miliardi, in misura maggiore per le banche.
[7] Il processo di smobilizzo dipende da molti altri fattori tra cui la discrezione di qualche gestore, se consentito, di non rispettare il benchmark e l’agire delle agenzie di rating in modo più o meno coordinato.
[8] Si consideri, ad esempio, che la Commissione europea ha raccomandato a Banca Monte dei Paschi di Siena di ridurre la propria esposizione ai titoli di Stato italiani nell’ambito del piano presentato per l’approvazione dei “Monti bond”.
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Ho letto con interesse i contributi chiesti da Mario (Marietto). vi segnalo un sito tenuto da economisti che organizzano il festival dell’economia di Trento, al quale faccio riferimento per cercare risposte approfondite ai vari temi che interessano la nostra attività . Ho trovato risposte anche al tema del debito pubblico, impatto dello spread sui nostri conti ecc. http://www.lavoce.info
Provate e fatemi sapere, un saluto
Mario C.
Grazie delle varie risposte che stanno arrivando, anche all’amico Bonadei che mi ha inviato una ulteriore sintesi.
Tutte le informazioni, alle quali aggiungere il commento di Pimco di giovedì, portano a questa sintesi che penso possa essere utile da portare ai nostri clienti:
-il debito pubblico detenuto in Italia ha un trend innegabile di crescita
-la percentuale è del 56-57%
-i motivi di tale trend sono gli LTRO che ha indirettamente “suggerito” alle banche nostrane il massiccio acquisto di Titoli di Stato e (come ha evidenziato anche Pimco) la cessione di debito pubblico Italiano da parte degli investitori Esteri durante la recente crisi obbligazionaria di questa primavera
-le nuove emissioni con scadenze sempre più lunghe
I pericoli che si corrono posso essere di due livelli:
-il primo livello e forse il meno tragico in un certo senso è ben descritto nella ricerca di Prometeia, sostanzialmente un declassamento improvviso del nostro rating che imporre una rapida revisione dei portafogli che non potrebbero più da tenere i nostri Titoli di Stato.Con quali conseguenze?
-il secondo e il peggiore, la quota di debito auto detenuto cresce sino a raggiunge una soglia tale da limitare il più possibile i danni di una azione di hair cut del debito, quali fattori possono scatenare una simile decisione? Instabilità politica? Incapacità di tagliare i costi del nostri bilancio? Mancanza di crescita?